martedì 1 ottobre 2013

UN PATRIMONIO DI CERVELLI NEI CALL CENTER

Pubblichiamo questo articolo del quotidiano Avvenire:


Da Cagliari Mario Girau
La Sardegna non è solamente l’isola dei cassintegrati e degli ammortizzatori sociali - richiesti da gennaio a settembre da ben 1987 aziende che hanno dichiarato lo stato di crisi – ma anche del precariato. Nel pubblico e nel privato supera oltre 100mila lavoratori.  Alla Regione, secondo i sindacati, ci sarebbero quasi 2.000 precari. Altri 371 nei Centri servizi lavoro; 850 impiegati nel variegato pianeta dei beni culturali; 250 si dedicano al benessere animale. Circa 2.000 operano nella sanità pubblica e privata, 3.000 nella scuola, 2.100 nell’Ente Foreste. “Aspettiamo di vedere – dice il Segretario Generale Cisl Sardegna, Oriana Putzolu – su quante risorse potrà contare l’isola per ridurre nel pubblico impiego il fenomeno del lavoro flessibile, che registra una pubblica amministrazione che sempre più esternalizza quote importanti delle proprie funzioni”.

Precariato nel privato significa contratti a tempo determinato. Una marea nel secondo trimestre di quest’anno. Su 4.246 lavoratori avviati, il settore agricoltura e pesca ne ha registrati 4.125 a tempo determinato e soltanto 101 a tempo indeterminato. Nel settore delle costruzioni rispettivamente 2.887 e 1.869. Nei servizi alle imprese su un totale di 10.395 avviati, ben 8453 hanno un contratto a tempo. Complessivamente nel secondo trimestre 2013 sono stati avviati 76.393 lavoratori, di cui quasi 56mila a tempo determinato. I saldi occupazionali (lavoratori avviati – lavoratori cessati) sono negativi nel settore delle costruzioni, della pubblica amministrazione, nella sanità e nella pubblica istruzione.

Per il momento sembra stabilizzarsi l’occupazione nei call center, dove la Sardegna registra una interessante presenza a livello nazionale per i suoi quasi 10 mila addetti. “Nelle grandi aziende del settore – dicono Valeria Picciau e Gimmi Uda della Fistel Cisl – si marcia con contratti a tempo indeterminato”. Contratti non particolarmente ricchi: 600 euro per 20 ore settimanali, 950 euro full time di 40 ore. “Meglio questo che niente – aggiunge Valeria Picciau – per una regione dove per molti lavoratori, diplomati e laureati, l’occupazione è un miraggio”. L’alta professionalità dei sardi, che in mancanza di alternative, hanno trasformato un lavoro temporaneo in definitivo e portato nell’isola numerosi call center: Sky  (1.200 addetti), Tiscali (600), Comdata (650 Cagliari e 250 Olbia), H3G (500), Stream (200), recentemente Amazon (100 ma in futuro alcune centinaia). “Gli incentivi statali e regionali costituiscono – dice Picciau – un buon attrattore per i call center. Molti, soprattutto in passato, venuti meno i contributi statali e regionali, sono andati via lasciando i lavoratori in mezzo alla strada”.



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