Da Cagliari Mario Girau
La Sardegna non è solamente
l’isola dei cassintegrati e degli ammortizzatori sociali - richiesti da gennaio
a settembre da ben 1987 aziende che hanno dichiarato lo stato di crisi – ma
anche del precariato. Nel pubblico e nel privato supera oltre 100mila
lavoratori. Alla Regione, secondo i
sindacati, ci sarebbero quasi 2.000 precari. Altri 371 nei Centri servizi
lavoro; 850 impiegati nel variegato pianeta dei beni culturali; 250 si dedicano
al benessere animale. Circa 2.000 operano nella sanità pubblica e privata,
3.000 nella scuola, 2.100 nell’Ente Foreste. “Aspettiamo di vedere – dice il Segretario
Generale Cisl Sardegna, Oriana Putzolu
– su quante risorse potrà contare l’isola per ridurre nel pubblico impiego il
fenomeno del lavoro flessibile, che registra una pubblica amministrazione che
sempre più esternalizza quote importanti delle proprie funzioni”.
Precariato nel privato
significa contratti a tempo determinato. Una marea nel secondo trimestre di
quest’anno. Su 4.246 lavoratori avviati, il settore agricoltura e pesca ne ha
registrati 4.125 a tempo determinato e soltanto 101 a tempo indeterminato. Nel
settore delle costruzioni rispettivamente 2.887 e 1.869. Nei servizi alle
imprese su un totale di 10.395 avviati, ben 8453 hanno un contratto a tempo.
Complessivamente nel secondo trimestre 2013 sono stati avviati 76.393
lavoratori, di cui quasi 56mila a tempo determinato. I saldi occupazionali
(lavoratori avviati – lavoratori cessati) sono negativi nel settore delle
costruzioni, della pubblica amministrazione, nella sanità e nella pubblica
istruzione.
Per il momento sembra
stabilizzarsi l’occupazione nei call center, dove la Sardegna registra una
interessante presenza a livello nazionale per i suoi quasi 10 mila addetti.
“Nelle grandi aziende del settore – dicono Valeria
Picciau e Gimmi Uda della Fistel Cisl – si marcia con contratti a
tempo indeterminato”. Contratti non particolarmente ricchi: 600 euro per 20 ore
settimanali, 950 euro full time di 40 ore. “Meglio questo che niente – aggiunge
Valeria Picciau – per una regione dove per molti lavoratori, diplomati e
laureati, l’occupazione è un miraggio”. L’alta professionalità dei sardi, che
in mancanza di alternative, hanno trasformato un lavoro temporaneo in
definitivo e portato nell’isola numerosi call center: Sky (1.200 addetti), Tiscali (600), Comdata (650 Cagliari e 250 Olbia), H3G (500), Stream (200),
recentemente Amazon (100 ma in
futuro alcune centinaia). “Gli incentivi statali e regionali costituiscono –
dice Picciau – un buon attrattore per i call center. Molti, soprattutto in
passato, venuti meno i contributi statali e regionali, sono andati via lasciando
i lavoratori in mezzo alla strada”.
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